Tre invenzioni che hanno rivoluzionato il nostro modo di comunicare: i nostri antenati della comunicazione a distanza

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Samuele Sottoriva, Roma –

Una vibrazione mi annuncia l’arrivo di un messaggio su WhatsApp. Mentre sto rispondendo abusando di faccine, mio fratello m’interrompe per vedere su YouTube il trailer del ritorno dell’Uomo Ragno. In sottofondo sta suonando su Spotify un blues degli Stones. Uno sbalzo di tensione, salta la corrente e tutto si spegne. Mentre regredisco a un’era pre-elettrica penso amaramente a quali potrebbero essere gli impolverati antenati di quelle app svanite in un attimo. Prendo carta e penna e mi metto a scrivere alla vecchia maniera. Dopo qualche breve istante mi duole già la mano.

 

Il telegrafo

L’uomo ha sempre sognato di poter comunicare istantaneamente a grande distanza, dovendosi accontentare per secoli di corni, trombe e tamburi, giochi di specchi, segnali di fumo, piccioni viaggiatori.

Il primo mezzo in grado di coprire grandi distanze quasi in tempo reale risale alla fine del Settecento. Opera di Claude Chappe, si trattava di un telegrafo ottico costituito da tre aste snodabili in grado di assumere 92 diverse posizioni per 196 combinazioni possibili. Posto alla sommità di torri distanti l’una dall’altra circa 15 chilometri permise di trasmettere nell’ agosto 1794 un messaggio da Parigi a Lilla, circa 190 chilometri, in una sola ora.

Gli anni Trenta dell’Ottocento furono gli anni cruciali per lo sviluppo della nuova tecnologia, legato soprattutto alle recenti scoperte sull’elettromagnetismo, con un fiorire di telegrafi sperimentali (Weber-Gauss, Schilling, Cooke-Wheatstone). La svolta decisiva venne però con il brevetto di Samuel Morse: un telegrafo con un unico filo e un codice, l’omonimo celebre codice, che abbinava sequenze di impulsi lunghi e brevi a lettere dell’alfabeto e numeri.

Negli anni successivi il sistema fu ulteriormente perfezionato permettendo la costruzione della prima rilevante linea telegrafica (Washington-Baltimora, 1844), venendo presto utilizzato dalle amministrazioni centrali, dalla stampa e dal mondo degli affari, collegando le due sponde dell’Atlantico nel 1866. Seguendo la fortunata definizione di Tom Standage il telegrafo rappresentò una sorta di “Internet vittoriano”, rivoluzionando profondamente il modo di comunicare: cavi, fili, stazioni, reti e relè che aprirono la strada all’epoca dell’informazione istantanea.

Un ulteriore salto di qualità venne compiuto negli ultimi anni dell’Ottocento con l’avvento della telegrafia senza fili. Decisive furono le scoperte compiute specialmente da Heinrich Hertz e Nikola Tesla, le applicazioni pratiche sviluppate da Marconi – che nel dicembre 1901 riuscì nell’invio di segnali attraverso l’oceano (dalla Cornovaglia e Terranova) – e il passaggio dalla trasmissione di semplici impulsi elettrici alla voce umana grazie agli esperimenti di Reginald Fessenden. Per giungere infino alla trasmissione di contenuti sonori alle masse, con il primo broadcasting realizzato all’inizio degli anni Venti e la comparsa delle prime stazioni radio, come l’inglese BBC nell’ottobre 1922.

Singolare come già i primi utenti del telegrafo fossero coscienti del grave problema di sicurezza legato al nuovo strumento. In primo luogo perché per inviare un messaggio bisognava passare a un telegrafista che, prima di convertirlo in linee e punti, doveva leggerlo appropriandosi quindi del contenuto; in seconda battuta, gli impulsi elettrici sulla linea erano intercettabili e decifrabili con una certa facilità. Nell’odierno mare magnum di messaggi, vocali, stati online di cui siamo attori passivi e attivi, ne siamo forse colpevolmente meno consapevoli.

 

Il grammofono

Al giorno d’oggi la musica ci accompagna ovunque: una suoneria ci sveglia la mattina, viaggiamo in macchina con la radio accesa, è sottofondo durante gli acquisti al supermercato, allevia la fatica durante la corsa o rilassa durante i tragitti in metro, segnala il buon esito dell’atterraggio, accoglie le squadre all’entrata in campo, …

Non è sempre stato così. Prima dell’invenzione del fonografo, e prima della diffusione dell’epigono grammofono, chi avesse voluto ascoltare della musica era costretto a recarsi in un’apposita sala concerti o in chiesa, oppure improvvisare qualche canzone con degli amici più o meno intonati, o ancora, per i pochi fortunati, comprare un pianoforte alla figlia, acquistare degli costosi spariti, pagare lautamente un insegnante e solo dopo diverse settimane di maldestri tentativi poter apprezzare la Quinta Sinfonia di Beethoven al comodo del proprio salone di casa.

Il fonografo cambiò radicalmente la situazione, consentendo la possibilità di registrare e riprodurre il suono, proiettando l’umanità in una nuova era di suoni e melodie. L’invenzione venne annunciata da Thomas Edison il 21 novembre 1877 e la prima dimostrazione avvenne il 6 dicembre: lo scienziato americano mostrò ai suoi collaboratori un piccolo cilindro, sostenuto da un’asse filettato, con un solco a spirale ricoperto di carta stagnola, destinato a essere inciso da una puntina.

 

 

La prima frase registrata dalla macchina fu “Mary had a little lamb (“Mary aveva un agnellino”), i primi versi di una celebre filastrocca statunitense che vennero poco dopo riprodotti gracchiando dal medesimo strumento.

Edison non aveva inizialmente pensato ad utilizzare la sua invenzione per la registrazione e la riproduzione della musica. Attività alle quali si rivolse invece un fonografo presentato nel 1880 da Summer Tainter e Chichester Bell, cugino del Bell del telefono, che sostituirono alla stagnola uno strato di cera e ne aumentarono la durata della registrazione.

Un’ulteriore rilevante modifica fu messa a punto qualche anno più tardi dal tedesco Emile Berliner che introdusse un disco al posto del cilindro, guadagnandoci praticità e un maggior numero di copie possibili, e un’incisione laterale, che garantiva una velocità costante e una riproduzione di qualità nettamente superiore.

Il primo cantante a farsi conoscere globalmente grazie al nuovo strumento, precursore delle moderne star musicali, fu Enrico Caruso. Il tenore napoletano incise 10 arie al Grand Hotel di Milano nell’aprile 1902 per la casa discografica inglese Gramophone & Typerwriter Company: fu un clamoroso reciproco, sia per Caruso la cui popolarità divenne internazionale, sia per lo stesso grammofono al quale i cantanti decisero con sempre più frequenza di concedere la loro voce.

 

Il cinematografo

Anche in questo campo la rivoluzione fu notevole. Prima dell’invenzione del cinematografo, e del suo massiccio utilizzo, per poter assistere a uno spettacolo bisognava recarsi a teatro per una rappresentazione che restava evidentemente unica e irripetibile. Con le prime pellicole si poté invece assistere, una, due, tre volte e potenzialmente ad libitum, allo stesso identico spettacolo impresso eternamente sul nastro, per lo più in contemporanea con altre persone che guardavano la stessa pellicola in altri luoghi lontani chilometri e chilometri.

Interessante notare come la storia della settima arte non inizi con la data dell’invenzione del cinematografo, peraltro di difficile attribuzione, ma con la prima proiezione a pagamento, segnando così fin da subito l’imprescindibile nesso commerciale con la nuovo ritrovato tecnologico. Sabato 28 dicembre 1894, al Salon Indien du Grand Café di Parigi, Auguste e Louis Lumière proiettarono dieci filmini di brevissima durata, circa meno di un minuto l’uno. Alla proiezione parteciparono poco più di trenta persone, curiosi che avevano pagato un franco attirati dalle misteriose parole sulla locandina:

 

 «Il cinématographe […] permette di raccogliere, attraverso delle serie di istantanee, tutti i movimenti che si sono succeduti davanti all’obiettivo, e di riprodurre in seguito questi movimenti proiettando le loro immagini, a grandezza naturale e davanti a una sala intera, su uno schermo».

 

Tra gli sketch proiettati, oltre alla celebre uscita di operai e operaie dalle officine Lumière di Lionel, è da segnalare l’originale “innaffiatore innaffiato” che introduce un importante elemento di novità. A differenza degli altri filmini, semplici brevi documentari, racconta infatti la prima storia su pellicola: un giardiniere sta innaffiando con una canna, un ragazzo blocca con il piede il flusso dell’acqua per poi rilasciarlo bagnando lo sventurato giardiniere, il giovane scappa e viene presto preso dall’ “innaffiato” che gli molla un insonoro calcio nel sedere.

La proiezione raccolse un grande successo e il passaparola condusse centinaia di persone ad affollare per settimane la sala del Grand Café. Qualche mese dopo i fratelli Lumière aprirono un primo piccolo cinema dedito esclusivamente alla proiezione dei loro filmini, e trionfarono all’Expo del 1900 dove riuscirono a proiettare le loro pellicole su un enorme schermo davanti a migliaia di spettatori.

Due anni più tardi il Viaggio nella Luna di George Méliès, primo film di fantascienza dove il Prof. Barbenfouillis raggiunge il nostro satellite a bordo di un razzo gigante, ottenne un successo globale. Nel giro di poco tempo la settima Arte passò l’Atlantico e già nel corso degli anni Dieci Hollywood diventò il principale centro di produzione della nascente industria cinematografica.

Ironia della sorte, o forse no, i brevi filmini proiettati dai fratelli Lumière in una serata di fine dicembre, rappresentano dei contenuti perfettamente adatti per il mondo oclocratico di YouTube. L’innaffiatore innaffiato, mutatis mutandis, non è forse il primo “prank epico finito male”?

 

 

Conclusioni

Non sento più la mano ma almeno l’articolo è concluso. Ora non resta che ricopiarlo su Word, inviarlo ai redattori per mail, rivedere insieme la bozza e pubblicarlo su Altervista, caricare l’articolo sul sito e condividerlo sui social. Mi chiedo se sia meglio il mondo di ieri o quello di oggi. Rifletto un po’ sull’attività dello storico, sui giudizi moralistici e la sempre più diffusa negligenza del passato.

Ritorna la corrente, probabilmente hanno risolto il guasto. Il computer si riavvia e si connette al Wi-Fi, apro YouTube, una notifica mi segnala che un canale ha caricato un nuovo video, avvio la riproduzione a schermo intero. Se la modernità ci ha dato Yotobi e il suo Late Show tanto male poi non è.

LE LETTURE CONSIGLIATE:

  • T. Standage, The Victorian Internet: The Remarkable Story of the Telegraph and the Nineteenth Century’s On-Line Pioneers, Walker & Company, London 1998
  • C. Fumian, Verso una società planetariaAlle origini della globalizzazione contemporanea (1870-1914), Donzelli, Roma 2003
  • D. Sassoon, The Culture of the Europeans: from 1800 to the Present¸ Harper Collins, London 2006
  • S. Bernardi, L’avventura del cinematografo: storia di un’arte e di un linguaggio, Marsilio, Venezia 2007