Una vita in viaggio per l’Europa: Paracelso, innovazioni e contraddizioni di un medico vagabondo

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Paolo Perantoni, Verona –

Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, detto Paracelso, nasce a Einsiedeln nel 1493. Figlio di un medico, da giovanissimo inizia il suo apprendistato seguendo il padre Wilhelm nella cittadina di Villach dove entra in contatto anche con l’alchimista Wurzburg.

Dopo aver peregrinato per alcune città mitteleuropee, entra in contatto con l’ambiente universitario dell’Italia settentrionale che in quegli anni è piuttosto sensibile all’accettazione delle tesi neoplatoniche in contrapposizione con la tradizione scolastica.

In un clima universitario dove “si contrapponevano da una parte una dottrina scolastica non ancora adeguatamente colpita dal vento della rinascita […] e dall’altra le conoscenze di vari popoli non omogenei” (Nobili-Benedetti, p.139), Paracelso si laurea in medicina presso l’ateneo di Ferrara attorno all’anno 1515 probabilmente sotto i dettami del maestro Leoniceno, parallelamente legge i precetti di chirurgia di Ugo da Lucca, attraverso l’opera Chirurgia del suo allievo Teodorico, scritta attorno al 1267 ma pubblicata solo nel 1498.

A questo punto della sua vita, anziché intraprendere la carriera di medico di professione, Paracelso inizia a vagabondare per mezza Europa al seguito degli eserciti di Venezia, Svezia e Danimarca alla ricerca della cultura popolare che sapeva di non poter recepire né a livello di università né di accademie: con modestia e umiltà “era necessario scendere in basso, vestirsi da viandante e cercare di captarne gli insegnamenti seguendo le vie commerciali dell’epoca e cioè entrare negli angiporti, nei mercati, nei postriboli, nelle foresterie dei conventi e nelle stazioni di posta o nelle bettole” (Ivi, p. 140).

 

 

Verosimilmente in questi luoghi Paracelso entra in contatto con molti chirurghi militari i quali spesso non avevano alcuna preparazione formale, ma basavano le loro opere solo sull’esperienza sul campo a seguito di altri chirurghi-barbieri, erniatori, dentisti, operatori di cataratta o semplici ciarlatani.

È probabile che in questo periodo Paracelso si rende conto che la pratica medica non può essere slegata dalla chirurgia e viceversa, ne è la riprova che benché egli si professasse medico, il suo abbigliamento, come ritratto in alcune incisioni del periodo, era quello proprio del chirurgo.

Altro momento fondamentale nella vita di Paracelso è l’esperienza come medico presso le miniere della Carinzia, della Transilvania e della Boemia. In queste miniere Paracelso inizia a formulare la sua teoria basata sull’analogia tra macrocosmo e microcosmo prendendo spunto dalle vene dei metalli all’interno delle viscere della terra.

Tornato nella sua patria, tormentata dalle guerre intestine a seguito della Riforma, nel 1527 gli viene offerta la cattedra di medicina presso la prestigiosa Università di Basilea. Le cronache del tempo ci riportano un episodio significativo: nella prima lezione Paracelso insieme ai suoi studenti dà alle fiamme i testi galenici di medicina attirandosi così le ire dei colleghi professori che lo faranno cacciare di lì a pochi mesi.

L’atto dimostrativo di Paracelso andava ben al di là del richiamo ai roghi di Lutero, benché egli stesso si definisse il “Lutero della medicina”, bensì era il gesto della sua estrema ribellione ai precetti medici di Ippocrate e Galeno: l’ormai maturo medico svizzero era pronto a lanciare il proprio messaggio di sfida al mondo della medicina.

Fuggito da Basilea, Paracelso trascorre gli anni successivi in un continuo vagabondaggio nelle città svizzere dove si occupa non solo di diagnosi mediche ma sopratutto di interpretazioni astrologiche. Né questo deve stupire in quanto “al tempo di Paracelso, le scuole mediche europee producevano una grande quantità di trattati astrologici: i principali esponenti della cosmologia e dell’astronomia rinascimentali avevano studiato medicina, e le due professioni erano compatibili e parzialmente intercambiabili” (Webster, p. 17).

Questi anni sono molto difficili per Paracelso in quanto di continuo accusato dai suoi avversari di cialtroneria piuttosto che di stregoneria, ma nonostante queste accuse la sua fama cresce sia in patria che fuori. Compie alcuni viaggi a Colmar, Esslingen e Norimberga dove studia le cause e i probabili rimedi della sifilide. A Beratzhausen scrive il Paragranum opera introdotta da aspre invettive contro la medicina tradizionale.

 

 

Il 12 agosto 1531 arriva nella cittadina svizzera di San Gallo salutato da una grande cometa, era la cometa di Halley, sulla quale lo stesso medico svizzero scriverà un opuscolo associandola a un periodo di grandi cambiamenti. L’analisi astrologica andava di pari passo con i motivi di renovatio mundi di cui Paracelso si faceva portatore sia nel campo della medicina sia nella filosofia.

La fase di San Gallo è nuovamente molto positiva per il medico svizzero che in questa città trova la sua dimensione e specialmente la protezione da parte degli esponenti politici che lo tengono in grande considerazione. Sono anni molto felici e prosperi in cui compie studi importanti e per certi aspetti pionieristici nello studio delle malattie tartariche, è qui che porta a compimento l’Opus Paraminum.

I successivi anni, dal 1533 circa, lo vedono ancora una volta peregrinare presso le miniere di Appenzell dove porta a compimento gli studi sull’avvelenamento da mercurio, arsenico e piombo. Successivamente si sposta a Innsbruck dove non riesce a iscriversi alla corporazione dei medici; l’anno dopo lo si trova a Sterzing (Vipiteno) città in preda alla peste dove viene scacciato in malo modo. Si rifugia quindi a Merano e in Valtellina dove trova maggior fortuna. Nel 1536 lo ritroviamo a Kempten, Memmingen, Ulma e Augusta dove completa la sua opera Grosse Wundarznei (Grande Chirurgia) un testo che ha da subito uno straordinario successo tanto da essere ristampato subito l’anno dopo.

 

 

Chiamato in Boemia dall’alto dignitario Johan von der Leipnik Paracelso lavora al forno alchemico e inizia a scrivere la sua grande opera filosofica, l’Astronomia Magna o Philosophia Sagax dove esplicita in maniera chiara le analogie tra Macro e Microcosmo. Sulla strada del ritorno si ferma a Bratislava e Vienna dove è persino ammesso in udienza da re Ferdinando, fratello di Carlo V, in almeno due occasioni.

La sua fortuna preso la corte dura poco ed è costretto nuovamente alla miseria. Gli ultimi anni li passa in Carinzia dove continua a lavorare sulla sua opera filosofica prima di essere chiamato nel 1541 a Salisburgo dal vescovo suffraganeo Ernest di Wittelsbach; il 24 settembre muore nella città austriaca dove viene sepolto nella chiesa di S. Sebastiano in base alle sue ultime volontà.

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